È dal 2012 che la Corte di Cassazione ha preso una posizione sul tema della responsabilità del notaio in caso di mancanza del requisito di abitabilità di un immobile.
Prima di commentare brevemente questa massima della Suprema Corte, cerchiamo di disegnare un possibile scenario: il signor Rossi compra dal signor Bianchi un appartamento con un rogito notarile. Il notaio, applicando la legge, ha inserito nel rogito le dichiarazioni del venditore sulla situazione urbanistica del bene, dichiarando solennemente che l’immobile è stato realizzato in epoca anteriore all’1 settembre 1967 oppure gli ha fatto dichiarare gli estremi dei “titoli abilitativi all’intervento edilizio” e cioè della concessione edilizia, ovvero del permesso di costruire, ovvero ancora della D.I.A. (denuncia di inizio attività) o della S.C.I.A. (segnalazione certificata di inizio attività), o una C.I.L.A. (comunicazione di inizio lavori asseverata) e via dicendo.
La legge non impone al notaio di inserire nel rogito altre dichiarazioni oltre a queste, ma, con ogni probabilità, queste non bastano a fornire alle parti informazioni complete e dettagliate sulle caratteristiche del bene in oggetto, con il rischio che si possa aprire un contenzioso dopo il trasferimento della proprietà. In questo caso, il signor Rossi, cioè l’acquirente, dopo aver “scoperto” che la sua casa non ha il requisito dell’abitabilità/agibilità, potrebbe chiedere al giudice di condannare il signor Bianchi, venditore, a risarcirlo, restituendo parte del prezzo, o magari anche di condannare il notaio per negligenza professionale.
L’esistenza del requisito dell’agibilità, che può essere considerato una sorta di prova della regolarità urbanistica, e che non sempre risulta da un documento rilasciato dal Comune, non è un elemento di validità del negozio di trasferimento: un immobile non abusivo, ma privo della certificazione di abitabilità/agibilità è commerciabile, cioè trasferibile.
Si tratta (così dice la giurisprudenza) di un “requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poiché vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico – sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità”.
Il mancato rilascio configura “inadempimento del venditore per consegna di aliud prò alio, (cioè di un bene diverso da quello promesso), fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che l’acquirente non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza”.
Cosa si può fare per evitare litigi e discussioni? Come si può assumere delle informazioni chiare e decidere consapevolmente?
Innanzitutto, va detto con franchezza che il notaio non è un ingegnere o un architetto, e non è nemmeno un geometra o un urbanista, e che esistono ruoli e responsabilità precise sulla realizzazione degli edifici che riguardano la proprietà, la direzione dei lavori e il Comune che vigila o dovrebbe vigilare sull’osservanza delle norme urbanistiche.
Se l’Italia fosse un paese migliore, ci si potrebbe rivolgere sempre e con facilità al Comune ed avere tutte le informazioni utili e necessarie per capire e decidere: purtroppo non è sempre così semplice, per colpa di alcuni pezzi della Pubblica Amministrazione che non sempre danno ai cittadini i servizi che vorrebbero. Ed è anche vero che – quando qualcosa va storto – è forte la tentazione nei difensori delle parti di addossare la responsabilità al notaio (che, come l’avvocato, ha studiato giurisprudenza, ma, ripeto, non ha tutte le competenze tecniche che occorrono per valutare oggettivamente il tema della regolarità urbanistica).
Il consiglio è quindi di far capire a chi vende e a chi compra che:
In ogni caso, questo è un aspetto nel quale è opportuno circoscrivere le zone d’ombra, e capire bene quali sono le caratteristiche dell’immobile, per evitare equivoci e litigi.
In calce, vi riporto le massime di due sentenze della Cassazione: nella prima, del 2013, si interviene sul tema della responsabilità per aver venduto un bene con caratteristiche diverse da quelle promesse (il famoso aliud prò alio); nella seconda si affronta il tema della responsabilità del notaio per non aver informato adeguatamente le parti, ed in particolar modo l’acquirente, sul tema in esame.
Cass. civ. Sez. II, 21-01-2013, n. 1373
Vi è aliud prò alio se il bene è incommerciabile od assolutamente privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o abbia difetti che lo rendano inservibile o non è idoneo ad assolvere alla funzione naturale od a quella assunta come essenziale dalle parti (nella specie, la Corte ha cassato la decisione dei giudici di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, avevano risolto un preliminare di vendita, in quanto il venditore non aveva consegnato il certificato di abitabilità; la Corte ha ritenuto che le considerazioni svolte dalla sentenza, pur corrette in astratto a fronte di situazioni concretamente prospettabili, richiedevano un più puntuale approfondimento in relazione alla natura del bene, trattandosi di immobile ricadente in antica costruzione, al prezzo pattuito, alla buona fede ed allo stato di fatto come visto e gradito dalla parte acquirente).
Cass. civ. Sez. Ili, 21-06-2012, n. 10296 (rv. 623038)
Il notaio incaricato della stipula di un atto di compravendita immobiliare risponde dei danni patiti dall’acquirente a causa dell’assenza nell’immobile dei requisiti per il rilascio del certificato di abitabilità, a nulla rilevando che la mancanza di quei requisiti potesse essere agevolmente accertata dall’acquirente stesso, quando non sia dimostrato che il professionista abbia informato il cliente di tale situazione e delle sue possibili conseguenze. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva escluso l’inadempimento del notaio con riferimento al contratto di prestazione d’opera professionale, ritenendo lo stesso notaio in grado di percepire, in base ai titoli di provenienza, la mancata consonanza dell’immobile compravenduto rispetto ai vincoli imposti in un atto d’obbligo intercorso tra il costruttore ed il Comune, e perciò tenuto a sollecitare l’attenzione delle parti stipulanti su detta situazione). (Cassa con rinvio, App. Roma, 24/03/2010).