Come abbiamo già avuto modo di dirvi, ci sono molte situazioni nelle quali è opportuno decidere della propria eredità, facendo testamento. Le ipotesi più ricorrenti sono quelle nelle quali è più probabile che ci possa essere qualche incomprensione tra gli eredi: si pensi alle famiglie ricomposte (con figli nati da relazioni diverse), alle famiglie nelle quali già si sono manifestate relazioni difficili tra i familiari, oppure ancora ai casi di situazioni economiche difficili per uno o più eredi (che rischiano di perdere le eredità per i pignoramenti dei creditori), ai coniugi senza figli (che – in assenza di testamento – concorrerebbero con i cognati o con i suoceri). L’elenco potrebbe continuare, ma oggi vogliamo spiegarvi come, concretamente, si deve procedere. Generalmente, si procede o con un testamento olografo (scritto a mano, datato e firmato), o ci si rivolge al notaio (consigliamo di farlo nei casi che richiedono maggiore prudenza) per un testamento pubblico (cioè un atto pubblico scritto dal notaio,e ricevuto alla presenza di due testimoni).
L’aiuto del notaio, in entrambe le ipotesi è molto importante: sia consigliando il testatore dell’olografo, sia scrivendo il testamento pubblico, il notaio si adopererà perchè il testamento contenga disposizioni chiare e “meno attaccabili” dai parenti che potrebbero non gradire le volontà espresse nel documento testamentario.
Le disposizioni contenute nel testamento, ovviamente, varieranno da caso a caso, ed esprimeranno l’ultima volontà del testatore, che potrà sia modificare in parte il testamento, sia revocarlo integralmente, se cambierà opinione. Le disposizioni testamentarie non possono ledere i diritti che la legge riserva ai legittimari. Il coniuge, il partner di una unione civile, i figli, ed – in assenza dei figli – i genitori hanno diritto a ricevere una parte dell’eredità.
Il testamento (sia olografo che pubblico) è perfetto (cioè completo) al momento della sua redazione, ma non è efficace (diventa efficace solo dopo la morte del suo autore e dopo la pubblicazione). In altri termini, se si scrive un olografo o si chiede al notaio di ricevere un testamento pubblico non si produce alcun effetto immediato fino al momento in cui il testatore viene a mancare. Solo allora, dopo aver provveduto alla pubblicazione, il testamento (e tutte le disposizioni in esso contenute) potranno essere attuate.
La pubblicazione del testamento (useremo – per semplificazione – questa espressione “pubblicazione” riferendoci sia al testamento olografo, sia al testamento pubblico) serve, come si è detto, a rendere conoscibile il testamento (che fino al momento della morte è coperto da un rigoroso segreto).
Richiede l’intervento di due testimoni, e l’allegazione dell’estratto dell’atto di morte, rilasciato dall’Ufficiale di Stato Civile del Comune in cui è avvenuto il decesso (che deve essere esibito al notaio, affinchè possa procedere alla pubblicazione, e che non deve essere confuso con il certificato di morte, che è rilasciato dagli Uffici dell’Anagrafe e che non è idoneo per procedere alla pubblicazione).
Nel verbale di pubblicazione il notaio descrive il testamento, e ne riporta il contenuto. Può accadere che il testamento contenga alcuni vizi, spesso formali, che potrebbero portare alla pronuncia di nullità o di annullamento da parte dell’Autorità Giudiziaria. Ad esempio, se il testamento olografo fosse privo di data, sarebbe annullabile. Ebbene, l’art. 590 del codice civile consente a tutti gli interessati di confermare il testamento e di dare volontaria esecuzione: non tutti i casi di vizi del testamento possono essere sanati con questa conferma, ma in molti casi, se c’è la volontà di “superare l’ostacolo” del vizio, gli interessati possono farlo, confermando il testamento, nonostante il suo “vizio”.
Sarà il notaio a dare tutte le indicazioni utili per una eventuale “conferma” di disposizioni testamentarie colpite da vizi.
Qualora il testamento non riguardasse l’intera eredità, per la parte in cui il testatore non ha disposto troveranno applicazione le norme di legge che disciplinano la cd. successione legittima.
Il testamento, dopo la sua pubblicazione, deve essere allegato alla dichiarazione (fiscale) di successione, perché è da esso che dipende (in tutto o in parte) la devoluzione dell’eredità.